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azienda

La nostra azienda, già facente parte della locale Commenda del Sovrano Militare Ordine di Malta, fu acquistata nel 1758 dal capostipite Giovanni Battista Bera a Sant'Antonio di Canelli, Regione Serra Masio, cuore ed epicentro della più qualificata zona d'origine del Moscato di Canelli, la più prestigiosa e la più storica. Con il passare delle generazioni la proprietà si ingrandì fino agli attuali 12 ettari di terreni a vigneto: da sempre incentrata sulla vinificazione artigianale del Moscato, a partire dal 1964 Vittorio cominciò ad imbottigliarlo in proprio e a commercializzarlo direttamente. Nel 1965 l’Azienda Bera Vittorio fu tra le prime ad aderire al Registro dei Viticoltori imbottigliatori istituito in quell’anno, ottenendo il numero 100 tra le migliaia di aziende analoghe in seguito iscritte in provincia di Asti.

chi siamo

Siamo Gianluigi e Alessandra e insieme siamo anche l’Azienda Agricola Bera Vittorio e Figli, che fa vino da un bel po’ di generazioni sulle colline astigiane di Canelli.

Siamo gente di vigna e come la vigna abbiamo le radici piantate da secoli su queste colline. Dicono che il vino assomiglia a chi lo fa: crediamo sia vero e ci piace pensare che noi e il nostro vino “siamo fatti della stessa sostanza dei sogni”.

Proprio nel 1758, quando il nostro antenato Giovanni Battista si installava definitivamente nella casa che ancora abitiamo, e nelle vigne che ancora coltiviamo, il governatore della provincia di Asti scriveva a proposito di Canelli: “Il maggior frutto di queste terre egli è il vino, qual riesce delicato, dolce e perfetto essendo massimamente l’industria degli abitatori, i quali, su colli di ragionevole fruttività, ne traggono il necessario per vivere.”.

TERRITORIO

I nostri vigneti sono situati tutti in alta collina, a cavaliere del crinale di Serra Masio, con pendenze tra il 40% ed il 70%. L'esposizione è orientata a sud-est; il terreno è marnoso, fortemente calcareo, originato dai sollevamenti di antichi fondali marini emersi cinque milioni d'anni fa.

Il clima, mite e scarsamente piovoso, è ideale per la coltura del Moscato.

I vigneti, certificati Biologici dal 2000, sono coltivati nel più totale rispetto dell’ambiente, del paesaggio e del territorio, secondo le buone tradizioni dei nostri vecchi: lavorazioni manuali, vendemmia in cassette e tanta fatica.

Nei vigneti l'ecosistema è vivo; l'abbondanza delle chiocciole è testimonianza di un equilibrio armonioso con la Natura.

Le tecniche di coltura alleate alle specificità del clima e del suolo permettono di ottenere vini unici e di grande carattere.

Noi ed il moscato
 

Da quasi trecento anni il Moscato è la vita della nostra famiglia. Da allora e fino ad oggi il Moscato ha scandito le nostre esistenze, le nostre stagioni, i nostri giorni e i nostri ricordi. Da allora e fino a oggi il Moscato lo abbiamo coltivato e vinificato: e questo vuol dire impegno, fatiche, ansie, preoccupazioni, delusioni, spaventi, perché la vite e il vino sono delicati ed esigenti, e la natura è spesso beffarda e a volte nemica. Ma vuol dire anche bellezza, energia, radici, identità e appartenenza. Siamo rimasti in pochi ormai a vinificare, siamo rimasti in pochi a vivere il Moscato tutto l’anno e a sapere nel profondo cosa comporta. A partire dalle vigne che dormono nel freddo dell’inverno, a respirare il primo tiepido vento Marino che soffia sui tralci ancora secchi a febbraio, a contemplare i primi germogli che si schiudono a marzo e via via sempre più decisi si allungano e lussureggiano fino all’esplosione della fioritura dell’uva e dei suoi profumi inebrianti che in qualche modo annunciano gli aromi del vino futuro.

Noi nelle ossa abbiamo la terra e il Moscato, e quelle vendemmie, quei sapori e quei ricordi che a volte ci dimentichiamo di avere, ma che stanno lì a segnarci e a renderci quello che siamo. Abbiamo avuto la fortuna di vivere la nostra infanzia prima che tutto cambiasse: di viverla negli ultimi anni della tradizione antica, di conoscere gli stessi gesti, gli stessi materiali, le stesse sensazioni che per secoli hanno accompagnato le genti del Moscato.

Abbiamo ancora aiutato a vendemmiare nelle grandi ceste di vimini, abbiamo visto posare l’uva sotto i portici per farla appassire. Abbiamo visto torchiare le uve a mano, abbiamo visto far bollire l’acqua nel grande calderone di rame sul fornello all’aperto per lavare le botti.  Abbiamo ancora visto la festa di quando, a marzo o aprile, il vino veniva venduto in botte e caricato: allora si faceva un gran pranzo per il cliente, per il trasportatore e per tutti quelli che aiutavano ed era forse il pranzo più importante e più curato dell’anno. Abbiamo gustato il dolce più buono che c’è: la neve gelata messa nella scodella e generosamente annaffiata con il Moscato preso direttamente dalla botte. Il vino allora si vendeva ancora sfuso, ma ogni anno, arrivati in primavera, se ne imbottigliava qualche centinaio di bottiglie per avere una scorta adeguata fino alla primavera successiva.  

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